Le immagini di Dio
François Boespflug,
“LE IMMAGINI DI DIO, Una storia dell’Eterno nell’arte”
EPILOGO IN FORMA DI RIASSUNTO
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“Oggi più che mai, è estremamente importante che gli europei si rendano conto di un fatto fondamentale che hanno invece la tendenza a sottovalutare, come fosse trascurabile: il cristianesimo latino è l’unico dei tre monoteismi che abbia tollerato, poi accettato, legittimato, suscitato e praticato una straordinaria galleria di ritratti del Dio unico. Che abbia osato esplorare il suo intimo mistero, il suo segreto.
Che nel fare questo abbia impiegato tanto talento e tanta audacia.
Questo fenomeno particolare e molto complesso è venuto fuori così lentamente che nessuno se n’è mai veramente accorto né allarmato – mancavano gli strumenti che avrebbero permesso di coglierne la misura. Vorremmo credere che non era una cosa grave e che tutto sia rientrato nell’ordine stabilito, dal momento che Dio, nell’arte, non viene più rappresentato. Ma tutto ci dimostra che la figura pittorica di Dio, come ci è stata lasciata dalla storia dell’arte occidentale, quali che possano essere le sue possibilità di tornare a emergere nella creazione contemporanea, continua in ogni modo a essere presente negli archivi visivi della nostra civiltà, si mostra tramite migliaia di riproduzioni, trattiene raramente l’attenzione di popolazioni di origine cristiana ma ha di che irritare o colpire negativamente quelle che affondano le radici nell’ebraismo o nell’islam, soprattutto quando la si presenta come una delle bandiere della società alla quale viene chiesto di integrarsi e della cultura a cui sono invitati a prendere parte.
Ma credo che l’aspetto decisivo sia che l’immagine di Dio riflette e guida ancora la maniera di vivere e di sentire, di guardare e di agire, di sperare, di sentirsi in colpa, di seguire un ideale, di credere e di amare per centinaia di milioni di persone, credenti o non credenti, ma molto diverse da questo punto di vista, da altre centinaia di milioni.
I problemi riguardanti le immagini sono moltissimi, così tanti che forse non abbiamo ancora voluto né potuto guardarli in faccia. Formano un labirinto impressionante, inimmaginabile, se non sulla scala di un’intera civiltà. Io li ho messi in fila, con pazienza, l’uno accanto all’altro come un esercito in parata, in rivista, e ho fornito un filo d’Arianna.
Enguerrand_Quarton,_La_Pietà_de_Villeneuve-lès-Avignon, c. 1455
Ma la metafora militare non è la migliore e neppure quella architettonica perché le immagini non obbediscono né agli ordini né ai progetti. Le innovazioni escono dai ranghi e non si lasciano chiudere da una diga. Il mio libro è piuttosto come un regista, come l’organizzatore di un carnevale che si è preso il suo tempo e si è dato i mezzi per ricostruire questa storia iconica dell’Eterno su due millenni. Le immagini non vengono da nessun luogo, non sono meteoriti, formano una famiglia, un insieme in cui parlano tra loro, rispondono alle altre, le citano, le compensano, ribattono, entrano in competizione, in ogni caso si parlano, si incrociano, generano altre immagini, si interpretano reciprocamente. Imago interpres sui.
Il loro raggruppamento ha qualcosa dell’arca di Noè e dell’albero ramificato delle famiglie regnati, ma molto più mobile, e ricco. E, a forza di scrutarne la storia, succede che Dio nell’arte diventi una meravigliosa avventura. Quest’epopea artistica ha suscitato e accumulato tesori di sensibilità, montagne di scritti, di discussioni, di polemiche, le cui ripercussioni negli strati profondi della psiche e dell’affettività sono innumerevoli. Nutre, provoca e instilla sentimenti, emozioni, pieghe e nodi spirituali e psicologici. Tanti abbagli, intuizioni, forme d’ammirazione, desideri di unione “al di là dell’immagine” e anche ambiguità, collusioni, rifiuti. Tanti rischi di ingannarsi anche, di scambiare Dio per un maschio dominante, un monarca, un nonno celeste.
La mia storia iconica del Trascendente, riunendo le immagini di Dio nell’arte dal momento che questo è diventato finalmente possibile, contribuisce a chiarirle e, andando al di là di una semplice presa di coscienza, a identificare e decodificare le tracce di Dio, così presenti nel nostro inconscio visivo e nella nostra cultura. In questa storia – era il postulato da cui sono partito e ho la debolezza di credere di averlo confermato con il mio percorso – io vedo il contrappunto necessario di ogni storia della letteratura, della filosofia, delle istituzioni politiche; il partner indispensabile di una storia della Chiesa e anche di una storia dei dogmi, dei concili, del papato, delle spiritualità. Una presa di coscienza decisamente opportuna per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Un sapere divenuto utile, se non addirittura necessario alla pace nel mondo.
François Boespflug, “Le immagini di Dio. Una storia dell’Eterno nell’arte”, 2012 Giulio Einaudi editore