La Santa Sindone

La Sindone, quell’immagine profondamente divina.

“Scopri la tua presenza,
mi uccida la tua vista e tua bellezza,

sai che la sofferenza

di amore non si cura

se non con la presenza e la figura.!”

San Giovanni della Croce – Cantico Spirituale

 Così accadeva a me quando pensavo a nostro Signore e per questo ho sempre amato le immagini.Infelici coloro che per propria colpa perdono siffatto bene!E’ evidente che non amano il Signore, perchè, se lo amassero, godrebbero nel vederne l’immagine, come quaggiù fa sempre piacere vedere il ritratto di quelli a cui si vuol bene.”

Teresa d’Avila”Libro della mia vita”, cap. IX

Festa della Santa Sindone, 4 maggio 2020

Parafrasando il titolo di un recente articolo scritto dallo storico dell’arte Tomaso Montanari, riprendo alcuni spunti di riflessione suggeriti dalla lettura.

Mi soffermo sugli aspetti legati all’Imago come espressione del verbo, il volto del pensiero come “visione” e conoscenza attraverso l’osservazione dell’immagine.

E’ proprio nell’esclusiva direzione orizzontale dell’uomo che si perde di vista lo spazio del sacro, del divino.

Nell’arte sacra cristiana ammiriamo l’imitazione delle realtà soprannaturali, in quello specifico rapporto di grazia e natura che nell’immagine di Cristo trova il suo centro immutabile e realizza quello che dice San Paolo nella Lettera agli Efesini: “il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”.

L’opera d’arte in grado di comunicare la bellezza nascosta di Dio sarà capace di portare l’anima alla soglia dell’incontro con Dio. San Giovanni della Croce nel suo Cantico Spirituale ci fece capire che l’anima non riposa finché non si trova alla presenza di Dio e chiede allo Sposo di mostrargli la sua bellezza, la sua essenza divina.

La prospettiva di studio e di osservazione esclusivamente materiale della Santa Sindone ci esclude da quella realtà soprannaturale che la sua immagine spiritualmente richiama.

Ha ragione Montanari quando parla dell’autenticità della “Fede di chi l’ha creata” e della sua volontà di rappresentazione.

Ma chi l’ha creata l’impronta dell’ecce homo?

Forse una risposta passa attraverso quell’atto propositivo di volontà, la volontà di voler credere, di vedere attraverso la luce della Fede, la gloria di Cristo immagine del Padre.

All’opposto vediamo gli atti della ragione che vuole abolire la fede, ridurla ad un momento della sua attività. Una negazione e un oscuramento che si manifesta nella mentalità radicalmente mondana dell’umanesimo assoluto, che rifiuta la dimensione verticale che giunge alla trascendenza di Dio.

Ma vi è anche la testimonianza di una Fede “oscurata” nella notte dello Spirito e sostenuta dalla “Volontà” di chi ha visto e creduto, come ci racconta l’esperienza spirituale del Dottore della Chiesa, Santa Teresa di Gesù bambino e del Volto Santo.

“O Volto Adorabile di Gesù, sola Bellezza che fa gioire il mio cuore, degnati di imprimere in me la tua Divina Somiglianza, affinché tu non possa guardare l’anima della tua piccola sposa senza contemplare te Stesso”.

L’effige del Santo Volto – Santa Teresa di Lisieux

La storia iconica del Trascendente riunisce le immagini di Dio, testimonianze di visione, di cultura e spiritualità.

Nell’immagine del sacro percepiamo quella Presenza che ci dispone in preghiera.

Pregare con le immagini, Le mani in preghiera Albrecht Durer (1508 – 09)

Personalmente ritengo che la Santa Sindone non si avvicini “figurativamente” a nessun artificio pittorico creato dall’uomo, è unica ed iconograficamente irripetibile.

Gli studi, le fonti e le autorevoli testimonianze in questa direzione sono infinite.

Da artista ho voluto indicare in questo breve testo alcune tracce di “visione” che mi hanno aiutato nella mia ricerca e nel mio lavoro pittorico sulla realizzazione del Volto di Cristo, cercando di tenere a mente le parole riportate dal Vasari sul Beato Angelico “…chi fa cose di Cristo, con Cristo deve stare sempre”.

Infine per dare testimonianza a chi ha autenticamente vissuto queste parole nel nostro secolo, vorrei presentare alcune opere di un artista e frate minore, il Beato Claudio Granzotto (1900 – 1947).

In una lettera scritta a Sua Santità Pio XII, descrive il suo desiderio di vedere il “Figlio di Dio più amato e lodato”, per questo maturò l’idea di scolpire nel marmo l’immagine di Cristo rilevata dalla Santa Sindone. In questo passaggio esprime la sua personale visione e sensibilità di fronte all’immagine tanto ammirata e meditata:

“… Un particolare degno di nota: dagli studi fatti sulla santa sindone, risulta l’immagine di Cristo di una perfezione ammirabile in tutte le sue parti, controllata pure con i migliori canoni di anatomia; tale armonia, equilibrata in tutti i suoi particolari, non è possibile trovarla interamente nell’uomo corrotto dai vizi, ragione per cui dimostra la autenticità della Santa Sindone …”

Si evince da questo scritto la passione con cui fra Claudio studiò a lungo la Sindone, dalla quale trasse l’immagine del Cristo morto (Vittorio Veneto) e i tre volti del Cristo con le tre preghiere-riflessioni che intendeva far giungere al papa, come annunciato nella lettera. Alcune sue citazioni testimoniano la lettura e la condivisione dei testi di Cordiglia e del Tonelli.

Cristo morto

Nelle profondità dell’uomo “troppo umano”, prospettato da Montanari, ed evocato dall’immagine del dolore, si riflette sofferenza e amore.

Quell’amore che si rivolge in silenziosa preghiera al Padre, nel silenzio di quello sguardo che contempliamo nel volto della Santa Sindone.

Quel “silenzio e parola” descritto dal filosofo Michele Federico Sciacca:

“Il silenzio, padre della parola: dal Silenzio divino, la Parola creatrice dell’universo; la generazione del Verbo, la Parola redentrice; dal Primo “Volontario” – assoluto   Silenzio, assoluto Amore, assoluto “Testimone” – ogni cosa. L’antica Sibilla rispondeva silenziosamente, adagiando foglie sull’ala del vento. Nel silenzio, il sacro, il misterioso, l’ultramondano. Nel silenzio palpita tacita   rinunzia, un’accettazione, un sacrificio. Il silenzio è martirio, ubbidienza; è chinare la testa liberamente accettando, strozzare nella gola tutte le parole per fare una volontà, atto d’amore. Il Padre, il Silenzio, generò il Figlio, la Parola, e la vestì di carne e sangue. Il silenzio parlò; si fece Parola, accettò di sacrificarsi. Parlò per Amore, pur sapendo che parlare era inchiodarsi alla Croce. Fece la Volontà del Padre. La Verità che esce dal silenzio sa già, sua volontà d’amore, che l’aspettano flagelli, spine e chiodi.  Al momento opportuno, l’amore, che l’ha fatta parola sacrificata, la rifarà silenzio composto e rassegnato martirio, premio della parola veridica, che, solo “testimoniando” è ulteriore infinita parola di verità.”